Lavoro, persi 248mila posti

La crisi non si placa e dall’Istat arrivano nuovi dati sconfortanti sul fronte lavoro: il bilancio complessivo parla di 248mila posti di lavoro in meno in un anno. Il tasso di disoccupazione sale al 38,4 tra gli under 25, vicino al record storico. Basti pensare che in Europa, dietro l’Italia fanno peggio soltanto Spagna e Grecia.

Anche l’occupazione femminile crolla, l’Istat conta 70mila donne in meno al lavoro nel solo mese di marzo. Si tratta di un fenomeno che segna lo scemare dell’effetto provocato dalla stretta sulle pensioni: fino ad oggi infatti, il bacino delle lavoratrici non aveva subito attacchi solo grazie alla permanenza a lavoro delle ultracinquantenni.  E non solo. Sempre tra le donne, l’Istat rileva un aumento dell’inattività a confronto con febbraio. L’aumento di coloro che né hanno un lavoro né lo cercano è dovuta esclusivamente alla componente femminile (+69mila).

Oltre alle donne i più penalizzati restano i giovani, tra i 15-24enni ne risultano disoccupati ben 635 mila (il 10,5% dei loro coetanei). Ma a soffrire è tutta l’Europa: Eurostat segna ancora un record per la disoccupazione nell’Eurozona, arrivata al 12,1%. E tra i giovani i senza lavoro superano i 3,5 milioni.

Una crisi che sembra non avere mai fine insomma, per ora non si intravede nemmeno uno spiraglio di luce infondo al tunnel. Il disagio aumenta e i disoccupati si trasformano sempre più in scoraggiati, avviliti, sfiduciati: sono sempre di più le persone che si arrendono, che non ci provano nemmeno più a cercare un impiego, perché ritengono impossibile essere assunti.

E se in Italia i commenti (dai sindacati, a tutte le forze politiche) ormai riguardano quasi esclusivamente l’emergenza lavoro, anche Bruxelles teme “conseguenze disastrose”, in particolare l’emarginazione delle nuove generazioni sia a livello professionale sia sociale. In occasione della festa del primo maggio, anche Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, ha voluto rivolgere il suo pensiero a questa preoccupante situazione “Purtroppo, oggi, c’è da pensare anche al lavoro che non c’è, al lavoro cercato inutilmente, al lavoro a rischio e precario”. Pensiamoci, ma soprattutto facciamo qualcosa di concreto.

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