Disoccupazione, l’Ilo lancia l’allarme

L’organizzazione internazionale del lavoro lancia l’ennesimo allarme disoccupazione per l’Italia. Secondo l’Ilo appunto, l’agenzia internazionale per il lavoro che fa capo all’Onu,  servono circa 1,7 milioni di posti di lavoro per riportare il tasso di occupazione a livelli pre-crisi. A partire dal secondo trimestre del 2008, si legge nel rapporto 2013, l’economia italiana ha perso circa 600mila posti di lavoro e, nello stesso periodo, la popolazione in età lavorativa è aumentata di circa 1,1 milioni. Ampia la diffusione dell’occupazione precaria (contratti involontari a tempo determinato o part-time) negli ultimi anni: a partire dal 2007, il numero dei lavoratori precari è cresciuto di 5,7 punti percentuali ed ha raggiunto il 32% degli occupati nel 2012. Secondo il Rapporto sul lavoro nel mondo “i lavoratori giovani non devono prendere il posto di quelli più anziani” nel mercato del lavoro ed il governo dovrebbe individuare altri mezzi a sostegno dell’occupazione giovanile.

“La percentuale dei contratti a tempo determinato sull’insieme dei contratti precari è probabilmente aumentata a seguito della riforma Fornero”, osserva poi l’Ilo. L’organizzazione poi dice no alla staffetta generazionale. “Qualora si considerino le recenti proposte di condivisione del lavoro tra lavoratori giovani e anziani, è importante notare che i giovani non devono prendere il posto degli adulti nel mercato del lavoro”, si legge nel rapporto sul mondo del lavoro 2013, “il governo dovrebbe considerare altri mezzi per sostenere l’occupazione giovanile, come per esempio: il sistema di garanzia per mantenere i giovani dentro al mercato del lavoro; incentivi all’assunzione di giovani più svantaggiati (disoccupati di lunga durata o giovani poco qualificati), borse di formazione e sforzi per migliorare la corrispondenza delle competenze (skills matching)”.

L’Italia, insiste il rapporto dell’Ilo, deve “monitorare le forme atipiche di occupazione”. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite ”sarebbero necessari maggiori sforzi per incentivare la trasformazione dei contratti a tempo determinato in posti di lavoro fisso”.

Il numero delle persone senza lavoro nel mondo è destinato a continuare a crescere, dagli attuali 200 milioni a 208 milioni nel 2015, fino a 214 milioni nel 2018. E “preoccupante” l’istituto definisce soprattutto il continuo declino della classe media, “non solo per la tenuta dell’inclusione sociale, ma anche per ragioni economiche”. A titolo d’esempio, in Spagna la classe media è diminuita dal 50% nel 2007 al 46% nel 2010. Negli Stati Uniti il 7% più ricco della popolazione ha registrato un aumento del reddito netto medio dal 56% nel 2009 al 63% nel 2011, mentre il rimanente 93% ha subito una contrazione. In questo quadro ovviamente cresce il rischio di tensioni sociali.

Oggi anche il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato è tornato sul tema lavoro, spiegando che il governo lavora per “aumentare il credito alle imprese potenziando il fondo di garanzia e per trovare un modo per ridurre i costi fiscali nel lavoro giovanile, in particolare per chi assume a tempo indeterminato”. “Su questo – chiarisce – non c’è un piano definitivo ma una forte volontà e si sta lavorando per trovare una metodologia più efficiente e le risorse”, ha detto Zanonato. “Siamo al momento interessati a due misure – aveva detto poco prima il ministro -: ampliare il fondo di garanzia, cioè consentire a chi vuole un prestito di poterlo ottenere con una garanzia creata da questo fondo. Non ha un costo molto elevato, abbiamo a disposizione un fondo di due miliardi e vogliamo raddoppiarlo. E il costo è di circa il 4%”. Ma, ha aggiunto Zanonato, c’è anche un problema che è “più importante, quello della disoccupazione giovanile. Abbiamo 2,5 milioni di giovani che in questo momento non lavorano e non studiano e hanno perso la voglia di cercare un lavoro. La prima cosa che vorremmo fare è favorire quelle aziende che assumano a tempo indeterminato i giovani, usando meccanismi di sgravio fiscale e – ha concluso – stiamo studiando quali siano i meccanismi più efficaci”.

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