Cosa fa di un leader un buon leader?

Diventare leader all’interno di un’azienda non è compito facile, né tantomeno “per tutti”: saper gestire il peso della responsabilità, guadagnare il rispetto e la stima dei propri collaboratori, essere abili nel decision-making, sono solo alcuni delle caratteristiche principali che un dirigente deve necessariamente possedere. Di seguito abbiamo provato a descrivere alcune linee guida per questa figura professionale e per chiunque si ritrovi a dover gestire dei collaboratori.

Chiarezza delle disposizioni. E’ importante fissare i principi direzionali fondamentali, magari assieme ad altri dirigenti. E successivamente, rendere note le linee guida all’interno dell’azienda, esponendole, ad esempio, negli appositi spazi per le comunicazioni ai collaboratori. In questo modo i dipendenti potranno apprezzare gli sforzi per creare un buon clima di lavoro e, contemporaneamente, saranno più invogliati ad adattarsi alle disposizioni impartite. Un dirigente deve essere il più possibile chiaro, perciò deve riferirsi preferibilmente ad obbiettivi concreti, mai fumosi.

Aggiornamento continuo e capacità di coordinare/delegare. Solo se percepiranno la competenza del capo i collaboratori gli si potranno rivolgere con fiducia, pertanto è necessario aggiornarsi sempre. Se invece si avesse bisogno di competenze molto particolari, non si abbia il timore di chiedere consiglio ai dipendenti dedicati ad un preciso settore e più esperti: un vero leader non è “un uomo solo al comando”, che rischierebbe di dover lavorare su ciò che non gli compete, sprecando tempo ed energie per risultati non certo eccellenti.
Un dirigente è soprattutto è coordinatore, conosce a fondo pregi e difetti del proprio team e sa sfruttarne le capacità, assegnando compiti e delegando, conscio di prendersi la responsabilità di eventuali errori.

Ascolto attivo. Solamente ascoltando i propri collaboratori e facendo attenzione a quanto viene riferito, si mostra un interesse reale nei loro confronti e si evita che si creino incomprensioni.
L’ascolto attivo è però qualcosa di più: incoraggiare al colloquio i propri collaboratori fornendo dei feedback durante la conversazione, in modo che la loro opinione appaia “presa in considerazione” e non ignorata a prescindere.

Controllo delle emozioni. Non avere timore a mostrare le proprie emozioni: questo renderà più “umani”, più vicini ai propri collaboratori. Tuttavia, si dovranno controllare i propri stati d’animo e non esagerare. Improvvise manifestazioni di rabbia e complimenti inopportuni sono assolutamente sconvenienti e da evitare.

Fermezza quando serve. Detto dell’ascolto e della considerazione verso i propri collaboratori, talvolta, per l’interesse dell’azienda, si dovranno fare scelte impopolari. In questi casi la propria personalità dovrà dimostrarsi talmente forte da resistere alle contestazioni, motivando adeguatamente le proprie decisioni ed eventualmente mostrando dispiacere e comprensione per il fatto che i propri collaboratori non le condividano, pur mantenendole.

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One Response to “Cosa fa di un leader un buon leader?”

  1. antenucci francesca

    Aggiungerei un ultimo step fondamentale per definire il profilo di un “buon leader”, inteso quale autorità legittima di un sistema.
    Saper creare uno “spirito di appartenenza” e cioè consapevolezza di appartenere ad un gruppo di lavoro, dove ogni singolo ruolo diventa fondamentale nella propria individualità ma soprattutto nella condivisione e realizzazione del progetto.
    Quindi creare maggiori e migliori momenti di condivisione, professionali e non, superando la dimensione dell’ascolto attivo che spesso può risultare “statica”, per creare un vero e proprio coinvolgimento, traducibile poi in un maggior dinamismo nelle interazioni personali e professionali.
    Lo “spirito di appartenenza” si declina quasi sempre in una maggiore e migliore motivazione personale e di gruppo, condizione cardine per plannig adeguato.

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